La Domus del Mito

Che il Campo della Pieve, a S. Angelo in Vado, conservasse nel suo sottosuolo una cospicua porzione dell’abitato della città romana di Tifernum Mataurense, era cosa nota ormai da diversi anni, da quando cioè una fortunata serie di fotografie aeree avevano mostrato con non frequente evidenza un fitto e articolato tessuto di strutture sepolte. Tale evidenza, suffragato peraltro dai risultati, non entusiasmanti ma decisamente probanti, di un ampio saggio esplorativo condotto nel 1999, aveva da tempo indotto l’Amministrazione Comunale a mettere a punto, insieme con la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, un ampio programma di scavo e valorizzazione, in vista de quale, frattanto, con determinante lungimiranza, l’Amministrazione Comunale stessa aveva acquisito al suo demanio l’area.L’occasione di rendere concreti tali intenti è stata offerta dai “progetti Docup-Obiettivo 5”, avvalendosi dei fondi europei amministrati dalla Regione Marche; ammesso al finanziamento dell’intervento, che prevedeva anche la musealizzazione e la fruizione al pubblico di una prima porzione dell’antico abitato, è iniziato nello scorso autunno lo scavo archeologico, condotto sul terreno dalla Cooperativa Archeologica di Firenze, con la direzione scientifica della Soprintendenza.

L’occasione di rendere concreti tali intenti è stata offerta dai “progetti Docup-Obiettivo 5”, avvalendosi dei fondi europei amministrati dalla Regione Marche; ammesso al finanziamento dell’intervento, che prevedeva anche la musealizzazione e la fruizione al pubblico di una prima porzione dell’antico abitato, è iniziato nello scorso autunno lo scavo archeologico, condotto sul terreno dalla Cooperativa Archeologica di Firenze, con la direzione scientifica della Soprintendenza.

L’indagine, mirata su una certa area del Campo della Pieve sulla scorta di un’ulteriore saggio condotto nel 2000, ha rapidamente conseguito, possiamo dirlo, risultati eccezionali, mostrando prima di ogni cosa come certe scelte compiute congiuntamente dal Comune e dalla Soprintendenza fossero volte nella giusta direzione.

Nell’area oggetto di scavo, infatti, ampia mq. 1.000 circa, si è messa in luce l’intera articolazione di una grande domus gentilizia eretta verso la fine del I sec. d.C., impreziosita da un ricco complesso di mosaici figurati, forse il più cospicuo venuto in luce nelle Marche da ormai diversi decenni.

Tali pavimenti musivi, di buona e ottima qualità, e per lo più ottimamente conservati, esibiscono soggetti vari, che mostrano l’inserimento dell’antica città nella circolazione di cartoni e maestranze specializzate, e la presenza in essa di una committenza colta e raffinata.

In quello che è il vestibolo campeggia “il trionfo di Nettuno”, che impugna il tridente, sul carro trainato da due ippocampi, accompagnato dalla sposa Anfitrite, mentre al di sotto nuotano i delfini; segue, nel probabile tablinium, un busto di Dioniso con la corona di foglie di vite, in un tondo centrale incorniciato da una raggiera di motivi prospettici, ed eleganti figurine femminili agli angoli.

Nelle parte mediana della domus si apre un atrio-peristilio con mosaici geometrici, con basi modanate di colonne che sostenevano l’impluvium , con relativo pozzo al centro, intorno, variamente articolati, si dispongono almeno tre vani di rappresentanza.

Una grande sala presenta una complessa policromia di motivi geometrici e vegetali, con un emblema esagonale centrale con la testa della Medusa irta di serpentelli.

In un’altra, che si distingue per le massime dimensioni (m. 7 x 7 circa), forse il triclinio, compare una ricchissima composizione policroma di tondi figurati con figure simboliche, animali reali e fantastici ed latri motivi, e riquadro centrale con scena di animali marini in lotta tra loro (polpo, gamberone, murena); su un lato, una fascia rettangolare bicroma esibisce una scena di caccia, con un battitore che indossa i caratteristici abiti (corta tunica e gambali in pelle), e due cani che incalzano rispettivamente un capro selvatico ed un cinghiale.

Altri due vani, infine, presentano complessi e raffinati motivi geometrici, anche policromi, con inserti figurati di vario soggetto.

Concludiamo questa notizia sottolineando come, al di là del valore scientifico e storico-artistico, la futura musealizzazione ed attrezzatura per il pubblico di questo prestigioso complesso potrà per il futuro far rivestire a S. Angelo in Vado un cospicuo ruolo di notevole valenza turistica e didattica.

Giuliano de Marinis
Soprintendente per i Beni Archeologici delle Marche

Alcune immagini

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